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Le porte


Voglio raccontarvi un libro, perciò mettetevi comodi e preparatevi a qualche spoiler. È inevitabile ricevere spoiler, la vita ne è piena: volete un esempio? Un giorno morirete, eccone uno. Eccone un altro: troverete libri belli, se cercate nei posti giusti. Ci sono libri che ti portano in altri tempi e in altri luoghi; più raro quando un libro ti ancora al tuo tempo. Raro e drammatico, quando trovi un romanzo che ti lega indissolubilmente al tuo presente, e questo presente è una merda.

I rifugiati avevano occupato molti degli spazi aperti della città, piantando tende nelle aiuole spartitraffico, montando tettoie contro i muri di cinta delle case, dormendo all'addiaccio sui marciapiedi e sul ciglio delle strade. Alcuni sembravano intenzionati a riprodurre i ritmi di una vita normale, come se fosse del tutto naturale che una famiglia di quattro persone abitasse sotto un telo di plastica tenuto su con rami e qualche mattone scheggiato. Altri contemplavano la città con quella che sembrava rabbia, o sorpresa, o supplica, o invidia. Altri non si muovevano neanche: forse erano inebetiti, o stanchi. O magari agonizzanti.

Suona già sentito, eh? Eppure è finzione, è un romanzo. È Exit West, di Mohsin Hamid (per i tipi di Einaudi), ma sembra così tanto, così da vicino il racconto quotidiano di migrazione e (mancata) accoglienza. Non ci credete? Leggete questo:

Questa è la lettera aperta che la comunità sudanese ha scritto dopo essere stata violentemente sfrattata dallo stabile di via Scorticabove il 5 luglio 2018 restando in mezzo a una strada, in una condizione di estrema precarietà e pericoli da cui era, da anni, finalmente uscita.

In mezzo a una strada senza i servizi più basilari, quelli che danno dignità umana a una vita, come la doccia, un bagno caldo e vestiti puliti: Ciò che stava facendo, ciò che aveva appena fatto, per lei non era un lusso superfluo, ma riguardava qualcosa di essenziale, la sua umanità, il vivere da esseri umani, il ricordare a se stessi ciò che si era, e quindi era importante, e se necessario valeva il prezzo di un litigio.

Exit West dipinge con chiarezza la migrazione, il passaggio dalla terra in cui si nasce all'ignoto, la fuga, i campi profughi, la transizione verso un'altra condizione (quella da rifugiato) che si appiccica addosso come un filtro che funziona sugli occhi dei nativi che (non) accolgono. I rifugiati del romanzo utilizzano porte per fuggire; porte che i nativi del ricco occidente vogliono tenere chiuse (ricorda qualcosa?). Le porte sono tante e i flussi di persone troppi per essere fermati senza un massacro; il rifiuto della coesistenza richiedeva che uno dei due schieramenti cessasse di esistere, e che quel processo avrebbe trasformato anche lo schieramento superstite, e in seguito troppi genitori nativi non sarebbero più stati in grado di guardare i figli negli occhi, di parlare a testa alta di quel che la loro generazione aveva fatto.

Exit West è un buon romanzo, uno di quelli scritti bene che racconta una storia, che ci chiede di restare umani quando tutto intorno crolla.

Siamo tutti migranti attraverso il tempo.

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